Abbiamo assaggiato una vera prelibatezza, una delle più saporite e gustose rivisitazioni storiche mai assaggiate: l’ aceto d’agresto.
Un giorno percorrendo le fantastiche colline maremmane nel comune di castigliane della pescaia, in un paesino vicino Vetulonia detto Buriano, troviamo un ristorantino che fa capolino nel centro storico medievale, il Cantuccio. Il nome lo definisce benissimo, perché raccolto piccolo, intimo. Ma la cura, l’intimità e il perfetto connubio tra innovazione e tradizione ne fanno un luogo unico.
Tra le varie delizie che abbiamo mangiato all’ Osteria il Cantuccio di Buriano, in assoluto l’assaggio che ci è rimasto più impresso si chiama aceto d’agresto.
Ce la siamo fatta raccontare direttamente dallo chef, che ne cura la produzione, ne custodisce l’antica ricetta e ne sperimenta il continuo miglioramento.
Ogni anno, racconta lo chef Francesco Angeloni, nel mese di luglio, produco l’aceto d’agresto dolce e forte. La preparazione richiede molti passaggi e molto tempo ( per me che non ho macchinari, e credo ancora che la pazienza sia l’ attrezzatura più utile per tutto) ma il risultato, degustando l’ aceto del 2004 che ho prodotto … è davvero unico … peccato sia pochissimo!
Ecco per voi alcuni cenni storici.
Anticamente, la produzione dell’ aceto d’ agresto, o dell’ agresto dolce forte, serviva a recuperare l’ uva, che rimasta sotto le foglie senza prendere il sole estivo, non maturava, attribuendo a questi grappoli o parte di essi, l’ appellativo di uva abortita. Per questo la preparazione avveniva nel mese di settembre ottobre. Oggi, per ottenere grappoli eccellenti data la riduzione e la pulitura delle vigne, costringe ad anticipare la preparazione dell’ agresto, alla fine di giugno o primi di luglio.
Credo che ovviamente si perda molto delle qualità, il grappolo, pur se non maturato per effetti del sole, riceveva nutrimento dalla pianta per molto più tempo.
All’ aceto d’ agresto venivano attribuite qualità medicamentose o addirittura magiche.
Si riteneva servisse per far partorire le mucche o addirittura servisse a far innamorare i pretendenti.
La storia, ci racconta comunque, come in anni così bui, nulla potesse essere buttato via, tutto dovesse essere recuperato.
Ecco come avviene la preparazione.
Lavata l’ uva, viene diraspata a mano ( operazione molto faticosa, gli acini acerbi sono ben saldi ai raspi), spremuta molto bene, e messa in una casseruola a fuoco molto basso, a bollire con molti aromi, di cui cito solamente cannella, miele, cipolla e scorze d’ arancia essiccate ( le arance a settembre in Italia non c’ erano e a norma non ci sono neppure ora se non di importazione). Non mi sento di citare ulteriori ingredienti. So che nel senese qualcuno produce ancora questo aceto, ma essendo diventata una piccola chicca del mio locale, preferisco mantenere il mio piccolo segreto.
Fatto bollire, e ridotto quasi a metà, si toglie dal fuoco e si aggiunge dell’ ottimo aceto di vino rosso ( possibilmente fatto in casa) almeno fino a far arrivare la quantità a quella iniziale, si mette in acetiera coperta con un panno e si manda in cantina per i primi 6 mesi.
Trascorso questo tempo, si effettua il primo filtraggio per eliminare gli aromi e le vinacce con un colino non troppo fine.
Ancora in cantina, nella stessa acetiera, per altri 2 mesi, dopo di che, si inizia un filtraggio mensile per almeno 4 mesi con un panno di lino o la stamina ( filtro di tela usato in cucina ).
Passato a questo punto un anno, si inserisce in piccole barrique di rovere dismesse da 5 litri, e si lascia riposare controllando il livello mensilmente, per almeno un anno.
Il mio primo aceto in barrique l’ ho aperto quest’ anno per fare posto a quello dell’ anno scorso, devo dire che se non fosse agre, sarebbe da bere a bicchieri!
Se vi trovate a percorrere la maremma e volete assaggiare un sapore unico della tradizione che permea il gusto della moderna enogastronomia, non perdete l’occasione di fare una sosta all’ Osteria il Cantuccio di Buriano e assaggiare l’ aceto d’agresto. Consigliato da Vivere la toscana!!