Questo periodo, fino agli anni 60 nelle campagne toscane, era il momento della mietitura, detta anche segatura.
Le famiglie, quasi tutte contadine, andavano nei campi prima del sorgere del sole, partivano con il tasca pane (una borsa rettangolare in tessuto con il manico lungo) a spalla, contenente acqua, colazione (pane, pomodori o prosciutto) e pranzo (panzanella fatta con l’acqua del pozzo).
Arrivati nei campi, mettevano l’acqua all’ombra della quercia più vicina e appendevano il tascapane al ramo, al riparo dalle formiche. Cominciava così la giornata lavorativa, prendevano una manciata di spighe di grano con la mano sinistra, e con la mano destra tagliavano con la falce, più in basso possibile. Per evitare possibili tagli causati della falce, alcuni usavano indossare degli anelli di canna a protezione del mignolo e dell’anulare. Quelli bravi ed esperti riuscivano a fare dei mazzi anche di 20 cm diametro. Tagliato il mazzo, detto mannello, veniva deposto su un legaccio, che era una struttura fatta di 20-30 spighe di grano avvolte con i gambi separati. Quando si raggiungeva un numero di mazzi adeguato, si prendevano i gambi del legaccio e si legavano, formando così un fascio di spighe detto covone o in gergo balso.
I covoni venivano riuniti tutti a formare un parallelepipedo, detto cordello, così costruito. La base, lunga più o meno 6-7 metri, veniva creata con un balso centrale con le spighe rivolte l’alto, ai cui lati destro e sinistro veniva appoggiata una treccia di due balsi. Sopra a questa fila, veniva disposta una serie di balsi, con le spighe rivolte tutte da un lato. Sopra un’altra fila rivolta nella direzione opposta. I balsi così accatastati impedivano che un’eventuale pioggia potesse bagnare il chicco di grano.
Lavori come la mietitura ancorchè pesanti e faticosi, erano vissuti come dei momenti di festa e di allegria, perché dopo un anno di duri sacrifici, questo era il momento del resoconto e nell’aria si sentiva un riecheggiare canzoni popolari, ballate contadine e inni, tipo campagnola bella o andiamo a mietere il grano. Ecco alcune strofe che i miei nonni mi cantavano i questa tipica melodia che li accompagnava durante la mietitura.
Andiamo a mietere il grano,
il grano, il grano.
Raccoglieremo l’amore,
l’amore, l’amore.
E sentiremo il calore
dei raggi del sole
su di noi.
E tra le spighe dorate
avrai la mia estate
ed il mio cuor.
Quando la trebbia finita sara’
e scendera’ l’imbrunir,
nel casolare potremo tornar
fino al ritorno del diiiii.
Andiamo a mietere il grano,
il grano, il grano.
Raccoglieremo l’amore,
l’amore, l’amore.
Mentre i covoni di paglia
profumano l’aria
intorno a noi
ci scambieremo con gli occhi
i segreti nascosti
in fondo al cuor.
Sotto un ciliegio baciato dal sol
l’ombra potremo trovar
e sotto un cielo di mille color
cominceremo a sogna-a-ar.
Andiamo a mietere il grano,
il grano, il grano.
Raccoglieremo l’amore,
l’amore, l’amore.
La mietitura si svolgeva tra giugno e i primi di luglio, perché dopo si iniziava la carratura…ma di questo ne parliamo la prossima volta!!!