[vc_row][vc_column][vc_column_text]Le origini della bruschetta si perdono nella storia di una terra che data migliaia di anni e che racconta milioni di storie di generazione in generazione.
Non si sa e non importa quanto tempo è passato prima che qualcuno pensasse ad aggiungere un poco di sale, di pepe, a grigliare il pane e poi a strofinarvi sopra uno spicchio di aglio prima di intingere il boccone nell’olio, resta il fatto che ormai così si fa e da tempo immemorabile, cioè da quando qualcuno, in un frantoio di paese, dove generalmente si teneva un fuoco acceso, ha pensato di “crogiare” il pane prima di procedere al consueto e rituale assaggio dell’olio appena spremuto.
È l’olio il protagonista della bruschetta, con le sue variabili locali di profumo e di sapore unite alla
consistenza, densità e acidità, che differiscono da zona a zona e da momento a momento, pensate
per esempio ad un olio fresco di spremitura e magari ancora greggio (non filtrato).
La fetta di pane (da qui anche il nome fiorentino di “fettunta”: fetta unta), leggermente grigliata, non bruciacchiata e la mollica deve rimanere, all’interno, sufficientemente morbida, e leggermente strofinata con uno spicchio d’aglio, dovrà risultare ben intrisa di olio, con un pizzico di sale e di pepe (o peperoncino) per esaltarne il profumo e il sapore, questo e nulla più costituisce la fondamentale bruschetta il cui nome deriva da bruscare, contrazione dialettale di abbrustolire, operazione che quasi sempre si compiva sulle braci e che, grazie al profumo della diversa legna che si adoperava (castagno, ulivo, quercia, tralci di vite, leccio, ecc.), lasciava un aroma particolare sul pane.[/vc_column_text][vc_row_inner css=”.vc_custom_1477063874923{margin-top: 20px !important;padding-top: 30px !important;padding-right: 30px !important;padding-left: 30px !important;background-image: url(http://www.viverelatoscana.it/wp-content/uploads/2016/10/fondo.jpg?id=17437) !important;}”][vc_column_inner][products columns=”1″ orderby=”title” order=”” ids=”7187″][/vc_column_inner][/vc_row_inner][vc_column_text]Dicevamo che la storia della bruschetta si perde nella notte dei tempi, infatti la presenza dell’olivo in Maremma, testimoniata già in epoca etrusca (periodo durante il quale l’olio era impiegato per scopi votivi, per l’illuminazione e per la preparazione di unguenti e cosmetici) e nel periodo romano (uso nobile dell’olio di oliva per fini alimentari), segna una prima crescita dagli ultimi secoli del medioevo. Leggete anche il post sulla raccolta delle olive in Maremma.
Questo si riscontra anche oggi. Infatti come ben sappiamo l’impiego del sale diventa necessario in quanto – come molti di voi sapranno – il pane toscano si distingue non solo per la sua caratteristica forma ma, in particolare, per il fatto, forse unico al mondo, che non contiene sale.
Sin dall’origine divenne quindi necessario provvedere alla sua integrazione cospargendo la fetta
di pane con un pizzico di sale marino, e le saline di Orbetello erano lì vicine.
Il pane toscano, dalla pagnotta grande e dalla forma spesso quasi quadrangolare, si presta poi
particolarmente perché può essere agevolmente tagliato a fette, piuttosto spesse, che risulteranno
contornate da una crosta abbastanza dura ma croccante, con una mollica morbida, bianca e con
alveoli piccoli e irregolari (adattissima ad assorbire l’olio) che una volta leggermente grigliate,
anche se imbibite di olio, rimarranno comunque rigide e maneggiabili.
È un pane adatto ad una conservazione piuttosto lunga e che, in particolare quando non più fresco, si presta proprio ad essere “ravvivato” con queste procedure. Dobbiamo considerare inoltre che in tempi passati, specialmente nella poverissima Maremma, poteva capitare di avere poco più di quello a disposizione. Infatti originariamente non si trattava di uno stuzzichino o di un antipasto, ma le bruschette, spesso, costituivano l’intera cena di un pastore o un “buttero” maremmano.
Scoprite maggiori informazioni sulla tradizionale raccolta delle olive in Toscana![/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]