Ai piedi del Monte Amiata, sulla valle del fiume Albegna troviamo Roccalbegna, costruito su uno sperone roccioso in epoca medioevale. La posizione del paese è veramente particolare, precisamente su un pianoro tra due rupi a strapiombo, in passato sfruttate per scopi difensivi. Tra i due spuntoni di roccia che sovrastano il paese, sul più elevato dei due è posto un cassero, probabilmente usato nei secoli come punto di vedetta. Gli abitanti chiamano quest’ultimo “il sasso”.
La costruzione del cassero risale agli inizi del XIII secolo per volere dei Conti Aldobrandeschi. Il fortilizio acquisisce un grande fascino proprio per la sua pozione a nido d’aquila, purtroppo questa caratteristica non gli ha conferito grande importanza dal punto di vista militare. Infatti per la perdita della sua importanza strategica, agli inizi del XV secolo, fu lasciato in abbandono. Successivamente ha sempre destato molta preoccupazione nella popolazione per l’instabilità e i distacchi di roccia, che piombavano nelle case sottostanti. Un famoso detto echeggia tra le case del borgo: “Se il sasso scrocca addio la Rocca”. Sull’altro spuntone sorgeva un altro cassero costruito dai senesi, di cui oggi possiamo vedere solo i resti, adibiti a giardino pubblico. Andando indietro nel tempo, troviamo le prime notizie del paese in un privilegio dell’imperatore Ottone IV stipulato nel 1210 in favore dell’Abbazia del Monte Amiata. Dopo un breve periodo il borgo passò ai Conti Aldobrandeschi del ramo dei Santa Fiora che rimase ad essi fino alla metà del XIII secolo. Nella seconda metà del secolo, la supremazia del luogo andò in mano ad una famiglia locale, i Ranieri di Ugolino.
Il periodo di gloria degli Ugolino ebbe vita breve perché nel 1296 cedettero i propri diritti alla Repubblica di Siena. I senesi ampliarono le fortificazioni del paese, costruendo una cinta muraria a filaretto dotata di torri rompitratta. Nel frattempo la famiglia degli Aldobrandeschi continuò a fare incursioni ed ad assalire il paese, come nel 1331 quando le masnade del conte Andrea di Santa Fiora saccheggiarono le abitazioni.
Durante il XIV secolo Roccalbegna fu inondata da un clima di terrore per i continui e numerosi assedi da parte di quest’ultimi nobili, arrivando quasi al degrado totale della Rocca. Nel 1455 i senesi cercarono di riadattare le fortificazioni, fermando solo in parte il processo involutivo del paese. A metà del XVI secolo la Repubblica senese fu sconfitta e Roccalbegna passò al Granducato di Toscana, retto da Cosimo I dei Medici. Grazie ad esso la Rocca si riprese, visse un periodo di stabilità politica che portò allo sviluppo delle attività rurali, unica fonte di sostentamento per il popolo. La stabilità non regnò per molto perché nel 1560 i Granduchi concessero il paese come feudo al cardinale Antonio Sforza. Nel 1646 tornò ai Granduchi ma per poco tempo in quanto il borgo fu immediatamente ceduto alla famiglia senese dei Bichi, rimanendo sotto il loro dominio fino alla fine del Settecento. Roccalbegna riuscì a diventare comune autonomo solo a metà del XVIII secolo con la venuta al potere dei Duchi di Lorena. Fortunatamente per il borgo governarono nel territorio per un lungo periodo e quasi ininterrottamente fino all’Unità d’Italia, avvenuta nel 1861 ad opera del Re Vittorio Emanuele II di Savoia. Roccalbegna è famosa anche per la Sagra del Biscotto Salato (definito anche della Sposa, Lessato o Cornetti) che avviene nel periodo di ferragosto; si tratta di un grosso biscotto a forma di fiocco, duro e friabile ed ha un colore giallo scuro. Di seguito riportiamo la ricetta dell’antica tradizione contadina rocchigiana. Gli ingredienti principali sono i semi di anice verde, il vino bianco, la farina, il lievito di birra, l’olio d’oliva e il sale. La preparazione è abbastanza laboriosa e inizia con il mettere a “mollo” i semi di anice nel vino bianco per alcune ore. In questo tempo si impasta la farina e il lievito di birra, da sciogliere prima in una tazza d’acqua e l’olio d’oliva. Quando l’anice è ben ammollata lo si aggiunge al precedente impasto e lo si lavora con le mani per una mezz’ora. Nel successivo passaggio la pasta deve essere lessata nell’acqua bollente fino a che non sale in superficie. Una volta tolti dall’acqua i biscotti devono riposare su un panno e infine vengono cotti a 250°C per 50 minuti.
Chi si inoltrerà nella Rocca potrà avere la possibilità di concludere l’escursione con l’assaggio di questa specialità. Se vogliamo ammirare dall’alto questa splendida valle basta salire sul sasso, o meglio affacciarsi dai bastioni della fortificazione medioevale e godere di una eccezionale vista panoramica.
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