Ogni 16 Agosto si corre il palio dell’Assunta a Siena.
Il Palio di Siena è una gara fra le Contrade di Siena nell’ aspetto di una giostra equestre, e vede il suo inizio nel Medievo.
La “carriera”, come viene chiamata la corsa, secondo la tradizione, si apre generalmente due volte l’anno: il 2 luglio si corre il Palio in onore della Madonna di Provenzano, e il 16 agosto quello in onore della Madonna Assunta.
In occasione di eventi straordinari, di celebrazioni civiche o nazionali ritenute rilevanti e attinenti (ad esempio: il centenario dell’Unità d’Italia), la collettività senese può deliberare di eseguire un “Palio straordinario”, corso tra maggio e settembre.
Fin dal 1200 si ha testimonianza di una corsa di cavalli a Siena, e prove scritte anteriori al XII secolo serbano memoria di un “Palio di San Bonifazio”, ossia il santo protettore dell’antica Cattedrale, che prima dell’ edificazione di quella odierna si ergeva in Castelvecchio. Proprio al sagrato del Duomo nuovo, in quel periodo fu posto lo stemma del Comune a contrassegnare l’arrivo della corsa dei barberi. Quando Siena diventò una delle più ricche e colte città dell’Europa del Medioevo, il Palio fu episodio ludico in onore di Maria Vergine Assunta patrona di Siena e del suo Stato. Il momento cruciale delle feste era la celebrazione dell’offerta dei ceri e dei censi in Cattedrale, rito insieme religioso e politico, atto di devozione alla Madonna dei senesi e di soggezione ai reggitori del Comune di Siena.
Per la disposizione del Palio, il Comune eleggeva annualmente i “Deputati della Festa”, ricordati regolarmente nei documenti del Trecento, con ampi compiti e attribuzioni. A correre il Palio erano i nobili e i notabili sui loro cavalli; si correva “alla lunga”, cioè in linea su un percorso che andava da fuori le mura al Duomo, dall’esterno all’interno. Il premio era un pallium: una lunga pezza di stoffa preziosa, talvolta cucito a bande verticali e foderato da centinaia di pelli di vaio.
Nel pomeriggio, prima della corsa, dal Duomo si snoda la camminata storica durante la quale sfilano i mazzieri, i figuranti, i cavalieri rappresentanti il Comune e le istituzioni storiche cittadine, e le “comparse” delle contrade i cui figuranti indossando le “monture”, ossia i costumi con i colori delle rispettive contrade.
Dopo il corteo storico (alle 19:30 a luglio, alle 19 ad agosto), i fantini escono a cavallo dall’entrone del Palazzo Comunale, ottengono il nerbo (tendine di bue essiccato per sollecitare il cavallo) e si dirigono alla zona della partenza, chiamata “mossa”. Il punto di partenza è situato all’altezza del vicolo della Costarella dei Barbieri, cioè nel tratto anteriore alla Fonte Gaia. A questo punto il “mossiere”, giudice unico della validità della partenza posizionato su un palco detto “verrocchio”, ritira una busta comprendente l’ordine di schieramento ai canapi, ossia due lunghe corde che circoscrivono la fascia di partenza.
Cavalli e fantini vengono fuori dall’entrone del Palazzo comunale. L’ordine di entrata è segreto fino all’ultimo istante, e viene definito con un meccanismo automatico chiamato “fiasca”.
Prima che i cavalli escano dall’entrone, i “Deputati della Festa” (i fiduciari del Comune nominati di Palio in Palio, garanti dell’ esatta esecuzione di tutte le operazioni legate alla corsa) sistemano dieci sfere di legno, detti “bàrberi”, rappresentanti i colori delle contrade concorrenti, dentro il serbatoio, sul quale applicano il tubo verticale dotato di dieci fori numerati. La “fiasca” viene poi sbattuta, così da far ordinare casualmente le sfere, che vengono fatte scivolare nel tubo (nel frattempo coperto); il tutto viene poi sigillato. Nell’ attimo in cui i cavalli e i fantini arrivano alla curva del Casato, il tubo viene scoperchiato e i sigilli vengono asportati: l’ordine viene così annotato su un foglio, fatto recapitare dal comandante della Polizia municipale direttamente al “mossiere” in piazza.
A questo punto il “mossiere” chiama le contrade dentro i canapi secondo l’ordine fissato. La decima contrada resta fuori, essendo quella “di rincorsa”, che potrà accedere tra i canapi già al galoppo passando nello spazio fra il verrocchino e il lato esterno della pista, e dare così il via alla corsa. Di conseguenza chi stabilisce l’ attimo di inizio della corsa non è il “mossiere” ma il fantino del cavallo “di rincorsa”. La capacità del “mossiere” sta nel riuscire ad avvertire per tempo l’azione della rincorsa e sganciare con un pedale il canape anteriore posto davanti alla linea degli altri nove cavalli con il giusto tempismo].
Con l’ ingresso della “rincorsa”, se considerata valida la partenza, inzia la corsa. Il Palio viene vinto dal cavallo, con o senza fantino, dopo che per primo abbia ultimato tre giri della piazza in senso orario; la linea d’arrivo, indicata da un bandierino, è nella stessa zona della partenza, pur non corrispondendo scrupolosamente (è leggermente più avanti rispetto alla mossa). In caso di arrivo di cavallo senza fantino, si parla di cavallo scosso. I fantini e i cavalli corrono con addosso rispettivamente il giubbetto e la “spennacchiera” con i colori della contrada.
Dopo la vittoria, i contradaioli festanti si affrettano dirigendosi sotto il palco dei Capitani a ritirare il drappellone, che sarà dapprima portato in chiesa (in luglio presso la Collegiata di Santa Maria in Provenzano, in agosto presso il Duomo) e poi conservato per sempre nel museo di Contrada. La Contrada celebrerà a partire dalla sera stessa e per settimane con una serie di cortei e cene nel proprio territorio (“cenini”).